Se ne discute molto ultimamente del rapporto tra Covid e assunzione di Vitamina D.
Proviamo a rispondere basandoci su degli studi scientifici ultimamente pubblicati.
Secondo uno studio pubblicato il 25 novembre 2020 sull’American Journal of Clinical Pathology (Serum 25(OH)D Level on Hospital Admission Associated With COVID-19 Stage and Mortality) chi viene ricoverato per COVID-19 e risulta carente di Vitamina D con valori sierici inferiori a 20 ng/ml ha più probabilità di morire rispetto a un soggetto con valori normali.
Questi dati confermano quanto già ipotizzato a febbraio sul British Medical Journal: i pazienti con infezione da COVID-19 e bassi livelli di vitamina D sono ad alto rischio di ricovero e sviluppo di una malattia grave e letale.
Nello studio appena pubblicato la carenza è stata rilevata più frequentemente negli uomini che nelle donne. Ciò che ancora non è chiaro è se i bassi livelli di Vitamina D riscontrati siano una conseguenza della malattia da COVID-19 oppure se contribuiscano a determinarne la gravità.
È interessante comunque notare che i dati epidemiologici riportano che l’Italia è uno dei Paesi con la più alta prevalenza di ipovitaminosi D in Europa. Questi risultati invitano dunque a evitare in generale la carenza della vitamina e tutti i medici a prendere seriamente in considerazione l’integrazione di vitamina D come uno strumento aggiuntivo economico e sicuro nella lotta contro il virus pandemico.
Questa vitamina è formata da un gruppo di secosteroidi liposolubili responsabili dell’aumento dell’assorbimento intestinale di calcio, magnesio e fosfato e di molti altri effetti biologici.
Nell’uomo, i composti più importanti in questo gruppo sono la vitamina D3 (nota anche come colecalciferolo) e la vitamina D2 (ergocalciferolo).
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9 Novembre 2021